L’Apiario Metelli

L’Apiario Metelli

17 Febbraio 2021 Off di Biblioteca Berlingo

Quello che andremo a trattare nelle pagine seguenti è la storia, quasi completa, dell’Apiario Metelli, cioè dell’allevamento delle api insediato nel parco della Villa Metelli-Calini in via Roma a Berlingo.

Si è pensato di proporre per intero il contenuto dell’opuscolo “L’APIARIO METELLI 1869 – 1969” scritto da Ugo Vaglia e pubblicato nel 1969 dalla tipo-litografia Fratelli Geroldi di Brescia. L’opuscolo esiste in pochissime copie nelle biblioteche bresciane, pertanto abbiamo ritenuto utile pubblicarlo in Rete, poiché rappresenta un importante capitolo della storia della piccola comunità di Berlingo.

L’apiario Metelli è stato in Italia, a partire ancora dalla seconda metà dell’800, il primo esempio di allevamento di api in forma scientifica ad opera dei fratelli Federico e Giovanni Metelli. Il loro lavoro è stato riconosciuto e apprezzato in Italia e anche in Europa, come potrete vedere leggendo le pagine seguenti.

Ugo Vaglia, che ha scritto la storia documentata dell’Apiario Metelli, è stato un’eminente personalità della cultura bresciana del Novecento. Di lui e delle sue opere si possono trovare numerosissime pagine nel Web.

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  1.   – Proemio
  2.   – L’Apiario Metelli
  3.   – Impianto apistico di Berlingo
  4.   – I fratelli apicoltori
  5.   – Apiario di Reggio Calabria
  6.   – Tesoro delle nostre primavere
  7.   – Collaborazione a “L’apicoltore”
  8.    – Fedeltà e amore

 1 – Proemio

Ai Coniugi PIER GIUSEPPE e ELENA LANCINI METELLI nel centenario dell’Apiario di Berlingo 1869-1969

Felici voi, che tranquilli vivete
di Berlingo nel verde poderetto
e dell’ozio sapiente ora godete
in giusta pace ogni gentile affetto
coltivando coi fior la poesia,
che fervida e spontanea nutre il petto.
Chi viver vuol nella città vi stia;
ma voi gustate nell’albergo avito
della natura la dolce armonia;
e sarebbe davvero troppo ardito
abbandonare l’agreste dolcezza
per un diletto che non v’è gradito,
poiché ha frutti miglior la gentilezza
di un’esistenza solitaria, schiva
d’ogni inutile lode e di grandezza.
Viva la villa, viva il brolo, e viva
il vivere giocondo in mezzo ai fiori,
che ad ogni alba novella si ravviva!
Questi d’amor veraci sono allori,
questo il premio più ambito e meritato
da menti elette e da nobili cuori!
Il palazzo da voi restaurato
appare più accogliente se bramate
che sia d’opere d’arte illuminato;
e inoltre, come pur desiderate,
che rimanga ritrovo di parenti
in ogni tempo, d’inverno e d’estate.
Voi non foste più mai tanto contenti
allorquando ospitate nella villa
amici, ammiratori e conoscenti,
offrendo a tutti il bene che distilla
dalla soavità dei vostri cuori
espresso nel brillar della pupilla.
Virtù stimate più chiare e maggiori
perché fur sempre della casa vostra
i luminosi esempi e gli splendori.
Motivi ancor dell’ambizione nostra:
perciò siamo venuti a festeggiare
il simbolo che insieme le dimostra.
Il simbolo sincero é l’alveare,
d’Elena grata e fascinosa cura
condotta con perizia singolare.
Esso di forti affetti é la figura
che si disegna ormai da venti lustri
su queste immacolate e care mura.
L’api, operaie sedule ed industri,
non sol per sè, ma per l’altrui piacere,
il nettare di rose e di ligustri
lietamente ronzando in fitte schiere,
come le chiama il natural desìo,
van raccogliendo nel natio verziere.
I volgari pensier manda in oblio
l’esempio loro, e il senso e la ragione
rivolge a stato generoso e pio.
Così gli animi affabili dispone
a sprezzare i diletti ingordi e vani,
causa d’orgoglio e acerba confusione.
Noi, che vantiamo gli intelletti sani,
non possiam che onorare la fatica
umilmente accettata dagli umani;
ma soprattutto questa cura antica
sorretta per amor, non per quattrini,
che da cent’anni dura ed affatica
ancor Pierino ed Elena Lancini.

2 – L’APIARIO METELLI  (1869 – 1969 )

Verso la metà dell’800 la voga che ebbe nel passato l’apicoltura andò sminuendo con l’introduzione dello zucchero come pure per l’imperfezione dei metodi in uso1. Ma proprio durante questo periodo, in cui l’imperfezione del metodo, con la mal riuscita, apportava scoramento e diffidenza negli apicoltori, GIUSEPPE METELLI (11-2-1822 + 12-12-1903) dava inizio ad un apiario, affidandolo al figlio minore Arsace, che in quell’anno 1869 aveva concluso gli studi liceali nel Collegio Peroni a Brescia, e fu sconsigliato, per ragioni di salute, di continuarli presso una Università come avevano fatto i fratelli. 

ARSACE (23-11-1852 + 12-2-1910) tenne l’apiario con metodo empirico, e al solo scopo, utile e necessario, di assicurare la fecondazione dei fiori e dei frutti, perché preferiva i lavori dei campi, per i quali auspicava più adeguati incentivi capaci di migliorarne la produzione, e sollevare le condizioni sociali dei contadini. Fu egli infatti che introdusse per primo nella zona l’uso delle macchine agricole e la concimazione chimica, aprendo una fabbrica di concimi chimici presso la filanda costruita e diretta dalla madre Lucia Francesconi2. Attese inoltre con generosa operosità all’assistenza degli abitanti nella Congregazione di Carità, fondata da Don Stefano Metelli, fratello del nonno G. Battista3, e nel Comune, che l’ebbe primo magistrato4. Delle sue esperienze si occupò Mons. Dr. Giovanni Bonsignori, che frequentemente lo visitava a Berlingo intrattenendosi in lunghi colloqui. 

Nel 1880 cominciarono ad occuparsi in parte di apicoltura i fratelli Dr. Giovanni e Ing. Federico. Per merito loro l’impianto andò acquistando nuova forma e metodo fino a divenire una vera industria rimuneratrice con un sistema chiamato metelli, ricavato da lunghe e coscienziose esperienze. La coltivazione industriale, ben regolata e fondata su sicure pratiche, rivestì carattere generale, e l’apiario di Berlingo, riconosciuto uno dei più grandiosi ed attrezzati della Lombardia, fu centro d’incontri e d’interessi comuni anche agli stranieri.

Così i nomi dei Metelli s’inserirono fra quelli dei più insigni ed eminenti apicoltori per essersi adoperati con l’entusiasmo e la fiducia dei pionieri, per avere propagandato il metodo della coltura intensiva e razionale, per gli studi sull’indole, sui costumi, sulle leggi che governano queste vaghe angiolette delle erbose rive.

3 – L’IMPIANTO APISTICO DI BERLINGO

L’apiario era collocato sotto il portico a lato sud del palazzo, ed ecco come nel 1883 lo descrive il Dr. Giovanni:

  “ E’ sito in Berlingo provincia di Brescia, terra posta a 6 chilometri a sud della stazione di Rovato sulla linea Milano-Venezia. La zona di volo consta di terreno alluvionale ghiaioso ricoperto da sottile strato di humus, ma abbondantemente irrigato. I prodotti agricoli principali sono i fieni, i trifogli, il granoturco, frumenti, gelsi e lino; vi è comune il ravettone ma sconosciuta così l’erica che la fraina.

Le api raccolgono precocemente sugli alni, olmi, pioppi, salici, ed i pochi frutteti; nell’aprile sui ravettoni; nel maggio sul trifoglio incarnato e sull’acacia; nel giugno sui prati stabili, sulle veccie ed altre erbe de’ grani; nell’agosto sui prati stabili. La fioritura locale mellifera per eccellenza è quella del trifoglio incarnato che dura quasi tutto maggio; non disprezzabili però, talora assai mellifere, sono le fioriture de’ prati in giugno ed agosto. Colla fine di agosto cessa ogni raccolto di entità, per cui le mie annate apistiche decorrono da un settembre al successivo.

Le arnie che adopero sono Sartori e Fumagalli di misura. In una parte delle famiglie si impedisce la sciamatura, per ora in una seconda parte all’incontro la si favorisce; in tutto il resto l’industria è così diretta da eliminare la necessità di cure minuziose, ciò naturalmente diminuisce il prodotto sensibilmente, ma assai poco è il tempo disponibile per le api; io le visito due volte all’anno”. 5

 Le prime prove non furono sempre felici per l’inclemenza della stagione. Gli apicoltori empirici dei dintorni ebbero pochi sciami, poco miele, e perdettero molte famiglie. Giovanni, nel trimestre giugno-agosto 1882 raccolse 100 kg. di miele, 100 favi vuoti, e 2 Kg. di cera di tritumi 6; pertanto non disarmò, ma con più impegno, insistendo sul metodo razionale, provvide 28 famiglie per l’invernamento, iniziato con 48 arnie, aumentate in seguito ed ampliate fino a 120-150.

Nell’annata successiva 1882-1883 i fratelli Metelli sperimentarono i tramezzi faccettati Benuzzi e la scecratrice Leandri “un gioiello che servì ad allontanare dall’apicoltore l’unica operazione piuttosto ripugnante dell’industria”, ed ottennero 385 Kg di miele, 118 favi vuoti, e Kg. 3,600 di cera vergine 7.

Nell’annata 1883-1884 introdussero il nutritore ideato dal Dr. Giovanni 8 (ancora usato dalla signora Elena), e poterono constatare che le api avevano fatto il loro dovere, se non americanamente, certo lodevolmente. Constatazione efficace, che non cela quel pizzico di orgoglio con il quale i provetti apicoltori italiani gareggiavano coi colleghi americani. L’America era all’avanguardia nella coltivazione delle api, e i Metelli potevano ricevere notizie di prima mano dai cugini Ettore e Carlo Berri, emigrati a Mendoza in Argentina e colà esercenti il primo una fabbrica di macchine agricole, l’altro la vinificazione.

Nel 1886cominciarono ad educare 100 famiglie di miele, col seguente risultato nei primi cinque anni:

1886:raccolto estivo, punto, per la grandine del 20giugno; nel 1887Kg. 526di miele; nel 1888Kg. 699(le 100 famiglie, con la loro coorte dettero complessivi Kg. 1966di miele, Kg. 21di cera); nel 1889Kg. 686nel 1890Kg. 1030 9.

La loro produzione era abbondantemente esportata, e preferita, negli alberghi svizzeri.

Il Prof. Flaminio Barbieri, dopo avere visitato l’apiario di Berlingo il 19maggio 1889, lo descrisse nella diffusa, precisa, e chiara relazione pubblicata sul periodico L’Apicoltore n. 10 e 11 dello stesso anno. Da essa si ricava che il concetto fondamentale delle esperienze dei Metelli si compendiava nel monito: arnie grandi, popolazioni fortissime, famiglie di riserva pel materiale di rinforzo. Si deve quindi all’Ing. Federico e al Dr. Giovanni se l’apicoltura italiana potè liberarsi dalle ultime pastoie che ancora la tenevano avvinta a metodi i quali, se non impropri per i paesi di altro cielo, donde ci venivano, erano però non adatti alla feracità del nostro suolo, alla dolcezza del clima, all’indole diversa dell’ape italiana 10.

Dalla relazione Barbieri, riportiamo solo le notizie riguardanti l’impianto:

La Posta delle api è un recinto destinato ad orto ed a giardino; utile ed opportuna collocazione, perché le api, visitando comodamente gli ortaggi, gli alberi ed i fiori ornamentali, ne moltiplicano la fecondazione ed accrescono la produzione fruttifera. Lungo il muro prospicente a levante ed a mezzogiorno è appoggiato il Palchetto, composto di una tettoia semplice, sostenuta da pilastri, ad un piovente inclinato e sporgente in avanti… Tra le colonne ed il muro di appoggio della tettoia corre uno spazio largo un metro e mezzo, o due circa, specie di andatoia di dietro agli alveari pel passaggio dell’apicoltore ed a stanza opportuna per qualche sollecita e breve operazione. Questo ambulatorio, che rimane oscuro quando le arnie sono a posto e rinserrate ai lati coi ripari invernali, è illuminato da una mezza luce mediante aperture ovali nel muro a determinate distanze, le quali mentre illuminano, offrono altresì fori d’uscita alle api. Con tale espediente… si è ovviato all’inconveniente che si verifica nei palchetti aperti ed isolati, di essere molestati cioè dalle api nelle visite agli alveari… Le api che escono dagli sportelli aperti, e che si staccano dai favi estratti, trovandosi in una mezza luce, non indugiano a volare verso i fori d’uscita ed a prendere il largo.

L’apiario è lungo 35metri circa; può contenere circa 200 alveari, disposti in tre ordini: il primo a 0,20 dal terreno, il secondo a 0,80dal primo, il terzo a 0,80dal secondo, e sono divisi in sezioni di sei, ed otto per ogni piano. Le arnie di cui fino ad ora è fornito il Palchetto, sono le verticali a tre piani (con e senza tramezzo), adottate dall’Associazione di Milano, ma modificate con un’aggiunta posteriore per ingrandirle; e potrebbero essere dette arnie metelli, secondo l’uso di distinguere gli attrezzi col nome dell’apicoltore, che vi abbia introdotta qualche modificazione. Le arnie non hanno differenze di colore; sono messe alla distanza di dieci centimetri circa l’una dall’altra; hanno schermi alla porticina, colorati diversamente nelle distinte sezioni”.

Cura attenta del Dr. Giovanni era di tenere conto anche delle piccole perdite, le quali, se trascurate dagli apicoltori dilettanti, diventavano grossi danni per la speculazione industriale.

4 – I FRATELLI APICOLTORI

Il Prof. Barbieri, visitando l’apiario Metelli, ebbe l’immagine dell’apiario completo, economico, e semplice, che l’Associazione d’incoraggiamento suggerì ai colleghi apicoltori, ma che non potè mai attuare, per difetto di mezzi pecuniari, così che a molti riusciva più conveniente continuare a governare i loro alveari col facile e comodo empirismo anziché curarsi degli insegnamenti dei veri apicoltori nazionali ed esteri.

I Metelli furono i primi a riconoscere indispensabile nel loro paese il mantenimento di colonie prospere e forti, d’invernarle su 14 o 16 favi secondo la popolazione, con scorte di 11 o 12 Kg. di miele e sufficiente polline immagazzinato, riservandosi di completare le provviste di miele al momento della grande deposizione delle uova per favorire l’allevamento delle covate e provvedere fino alla prima raccolta di maggio. Inoltre, che nella predisposizione dell’invernamento era di assoluta necessità accertarsi dello stato delle colonie e del completo approvvigionamento. Infine, d’importanza capitale, avere arnie grandi riducibili per tutte le esigenze.

FEDERICO (2-10-1846 + 26-3-1896) ancora studente si arruolò volontario nei reparti garibaldini durante la guerra del 1866. Laureatosi in ingegneria, fu nel numero dei tecnici assunti dall’impresa svizzera per il traforo del S. Gottardo. Gli impegni professionali non lo distolsero dall’apicoltura, e provvide di un ben attrezzato laboratorio l’apiario di Berlingo. Ancora nel 1947, L’Apicoltore lo ricordava fra gli uomini celebri in tutto il mondo per avere lavorato con familiarità ed entusiasmo in questo settore dell’economia italiana11. Pure dotato di forza eccezionale – poteva sollevare con una mano senza eccessivo sforzo, un sacco di un quintale – venne stroncato, giovane ancora, dalla polmonite, e la sua morte improvvisa trascinò nella tomba, sei giorni dopo, il fratello Giovanni.

GIOVANNI (19-1-1843 + 1-4-1896) laureato in medicina e chirurgia a Pavia il 15 gennaio 1866, entrò in servizio militare come sottotenente medico di fanteria lo stesso anno. Il 10 giugno 1871 fu eletto socio della Società entomologica italiana presso il Museo di Fisica e Storia naturale di Firenze. Nel 1880 era capitano a Reggio Calabria, nel 1885 a Cotrone. Ottenne di essere collocato in posizione ausiliaria il 5 febbraio 1888, e si ritirò a Berlingo. Ebbe poi l’onorificenza di cavaliere con decreto 25 agosto 1892, il grado di maggiore della riserva, e la medaglia dell’Unità d’Italia 1848-1870. Mente di filosofo e anima di poeta, agli studi severi, agli esercizi della perspicace intelligenza non disgiunse le occupazioni dell’apiario da quando cominciò ad occuparsene nel 1880. Durante il periodo trascorso in servizio militare, visitava due volte all’anno l’apiario di Berlingo, del quale inviava annuali resoconti, redatti sulle notizie ricevute dal fratello, al periodico L’Apicoltore 12.

5 – L’APIARIO DI REGGIO CALABRIA 

Il desiderio e la passione di conoscere sempre meglio la vita delle api e l’impegno liberamente assunto di propagandare il metodo razionale, indussero il capitano Giovanni a piantare un piccolo apiario a Reggio Calabria, ove v’erano alcuni apicoltori empirici, nessuno razionale, pure essendo la plaga « un eldorado per le api che anche il 13 novembre bottinano miele in abbondanza »13.

L’apiario di Reggio, così lo descrive il Metelli, “è situato in un giardinetto dominante dall’alto la città non solo, ma uno dei più bei panorami dell’universo, quale è veramente quello che qui si ammira attraverso lo stretto chiuso dai monti di Messina. La zona di volo consta di declivi alluvionali ghiaiosi che piuttosto rapidamente scendono al mare; domina siccità e mediocre fertilità sulle alture, mentre i terreni bassi, più vicini alla marina, sono irrigati, fertilissimi ed intensivamente coltivati ad orti, frutteti, e, soprattutto, agrumeti. Le api volano qui tutto l’anno relativamente riposano in dicembre e gennaio. In febbraio raccolgono abbondante e più del necessario” 14.

Da prima anche nel piccolo alveare di Reggio il capitano Metelli usò arnie Sartori, giudicate poi troppo piccole per quei paesi. Fra gli esperimenti fatti, meritano di essere ricordati l’introduzione delle Regine italiane in arnie volgari e l’incremento tentato con famiglie lombarde. Nel 1884 le sue quattro famiglie di api fecero miracoli promettendo una produzione da arieggiare le americane 15. L’esempio convinse altri apicoltori della regione a seguire il metodo razionale, che nel 1885, oltre il suo, aveva guadagnato altri cinque apiari.

Quando fu trasferito a Cotrone, la coltura razionale si andava sempre più diffondendo a Reggio, non ultima causa, forse, del rimpianto per il forzato distacco: “Ed… ora addio Reggio dalle spiagge odorate; giammai io scorderò fin che viva l’eterna tua primavera; tu generosa prodighi alla piccola ape tale enorme quantità di squisitissimo nettare da poter dare il benessere a moltissimi dei tuoi figli. Sappiano essi, come i lor padri, far pro di tal dono veramente ambito da molti” 16.

6 – IL TESORO DELLE NOSTRE PRIMAVERE

Il saluto a Reggio non era retorico. Gli studi, le osservazioni, le esperienze sui cari imenotteri avevano sempre più convinto il Dr. Giovanni che il governo delle api era atto ad offrire agli abitatori dei campi una delle più gradevoli e vantaggiose occupazioni, e che la mirabile industria delle api poteva rivolgersi a vantaggio degli uomini se il tesoro delle nostre primavere veniva raccolto in poche assicelle collocate in un cantuccio dell’orto.

Pertanto, ritornato definitivamente a Berlingo, si dedicò con maggiore impegno all’apicoltura, secondato dal fratello Federico. Non vollero essi che le loro esperienze e la profonda conoscenza rimanessero sterili nell’ambiente familiare, e perciò estesero i loro rapporti e le utili intese coi colleghi italiani e stranieri, servendosi della benemerita Associazione di incoraggiamento per l’apicoltura italiana, fondata a Milano fin dal 1867, ove anche prima di collaborare al periodico L’Apicoltore, avevano avuto più volte piacevoli colloqui intorno al governo delle api coi colleghi milanesi 17.

A Berlingo i Metelli iniziarono e svilupparono la produzione delle api regine, richieste perfino in Russia, per cui Giovanni sentì il bisogno di studiare la lingua russa; e l’apiario fu continuamente visitato da specialisti di molti Paesi: Angelo Mona, Andrea De Rauschenfels, il conte Visconti di Saliceto, Mons. Giovanni Bonsignori, il Sac. Giuseppe Lanfranchi, Angelo Dubini, il nob. Don Giulio Tanzi, il conte Antonio Zappi-Recordati, ed altri che non crediamo qui nominare. Non possiamo tuttavia tacere Andreas v. Richter, privato docente dell’Università e professore del Politecnico femminile di St. Pietroburgo; e il conte Y. Kandratieff, sovrintendente in capo dell’Opera imperiale del teatro Maria di St. Pietroburgo, grande agricoltore russo. Questi conobbe i Metelli nei primi giorni dell’aprile 1892 quando li visitò a Berlingo intrattenendosi una mezza giornata 18; e le notizie raccolte comunicò a Edouard Bertrad, a Nyon (Svizzera), il quale a sua volta le rese pubbliche attraverso la Revue Internationale d’Apiculture di Nyon del 1892 dando motivo a dotte precisazioni da parte di Giovanni e di Boris Spoerer; che contribuirono a diffondere il prodotto dell’apiario Metelli nella patria di Guglielmo Tell. Il Kandratieff, nei frequenti suoi viaggi in Italia, fatti per invitare attrici e cantanti italiani sui teatri russi, non mancava di incontrarsi coi fratelli Metelli coi quali aveva stretto una cordiale amicizia, e descrisse loro la razza caucasica delle api, assai simile a quella italiana, ma di colore leggermente più chiaro e di carattere piu dolce 19. All’Ing. Federico donò un porta-sigari di avorio recante sul recto una scenetta agreste e sul verso le iniziali del suo nome I.Y.K.

Cura attenta dei Metelli era di combattere l’empirismo vigente nelle nostre campagne, il quale, anche se fu originato da pratiche derivate da giudiziose e fini osservazioni, era decaduto fino ad ammettere l’assurdo di uccidere le api per appropriarsi i prodotti delle previdenti lavoratrici; col metodo razionale, al contrario, venivano salvate le api. E ciò per avere barili riboccanti di miele al finire della stagione, che costituiscono il sogno, l’ambizione e il movente dell’industriale: un desiderio che solo la sagacia e l’arte dell’intelligente apicoltore può realizzare.

7 – LA COLLABORAZIONE A “L’APICOLTORE”

Nel 1883 ebbe inizio la collaborazione dei Metelli a L’Apicoltore, periodico mensile pubblicato, fin dal 1868, dalla Presidenza dell’Associazione Centrale di Apicoltura, col concetto di istituire la coltivazione razionale delle api diffondendola in Italia. Degli articoli comparsi, ricordiamo solo i titoli, sufficienti per mettere in evidenza la cultura, la sagacia, lo zelo dei fratelli Metelli, in particolare del Dr. Giovanni, come il più assiduo ed elegante scrittore. Poiché le pagine delle singole annate del periodico sono progressivamente numerate, si citano solo l’anno e la pagina.

ARTICOLI DELL’ING. FEDERICO METELLI:

1) Osservazioni sulle api portatrici di acqua, 1885, pp. 313-14.

2) Come si trasportano a poca distanza gli alveari senza perdita di api, 1888, pp. 81-83.

ARTICOLI DEL DR. GIOVANNI METELLI:

1) Resoconto sulla situazione e sulle condizioni dell’apiario di Berlingo, da Reggio C, 1883, pp. 54-55.

2) Resoconto sull’apicoltura di Reggio C., 1883, pp. 91-92.

3) Circa una anomalia di sviluppo dell’ape, 1883, pp. 137-39.

4) Rettifica del resoconto fatto sull’annata 1881-82, 1883, pp. 208-09.

5) Resoconto dell’apiario di Berlingo nell’annata 1882-83, 1884, pp. 55-57.

6) Resoconto sull’apiario di Reggio C., 1884, pp. 155-58.

7) Osservazioni sul volo d’amore delle Regine, 1884, pp. 269-70.

8) Nutritore per la nutrizione stimolante, 1884, pp. 301-04

9) Notizie sull’apiario di Berlingo e di Reggio C., 1884, p. 310.

10) Varia, 1884, pp. 326-27.

11) Resoconto dell’apiario di Reggio C. nell’annata 1884, 1885, pp. 124-26.

12) Resoconto dell’apiario di Reggio C. nell’annata 1884, 1885, pp. 219-20.

13) Notizie sugli apiari di Reggio C. e Berlingo, 1885, pp. 219-20.

14) Resoconto dell’annata 1885 a Reggio C., 1885, pp. 279-281.

15) Resoconto dell’apiario di Berlingo, 1885, pp. 98-l00.

16) Resoconto dell’apiario di Berlingo, 1888, pp. 376-77.

17) Sulle capacità dell’arnia Sartori in rapporto agli alveari governati a miele, 1889, pp. 7-15.

18) Pensieri sulle annotazioni della Redazione alla Corrispondenza sulle capacità dell’arnia Sartori,1889, pp. 7-17 (Ia puntata), 1889, pp. 68-75 (IIa puntata).

19) La legge della « sopravvivenza del più adatto » di Darwin ed i maschi delle api, 1890, p. 102.

20) Perché tanto la Regina che i fuchi, insetti perfetti, non sono atti al lavoro, mentre lo sono le femminuccie atrofiche? – Reminiscenze Darwiniane, (ha per sotto titolo: la malacia dell’Ignoto ci uccide), 1890, pp. 135-39.

21) Lettera agli amici apicoltori, 1890, pp. 217-18.

22) Lettera al Dr. Flaminio Barbieri, 1890, pp. 311-12.

23) Una nuova arnia?!, 1891, pp. 47-50.

24) Contribuzione allo studio dell’arnia a soffitto mobile, 1891, pp. 69-78.

25) Elocubrazioni ereditarie, 1893, pp. 261-64.

26) Di un metodo sicuro per introdurre negli alveari Regine feconde, 1894, pp. 9-15.

27) Elocubrazioni ereditarie – Risposta al sig. Reepen, 1894, pp. 72-74.

28) Sulle cause determinanti il sesso delle api, 1894, pp. 78-85.

29) Sull’invernamento degli alveari, 1894, pp. 325-330

30) Strada facendo… nella Lombardia irrigua, 1895, pp. 38-44 (Ia puntata), 1895, pp. 71-79 (IIa puntata); 1895, pp. 106-111 (IIIa puntata).

31) Colonie poco produttive – Osservazioni, misure da prendere, 1895, pp. 204-10 (Ia puntata); 1895, pp. 229-32 (IIa puntata).

32) Elocubrazioni ereditarie, 1895, pp. 261-64.

33) Sciami naturali od artificiali?, 1897, pp. 86-87 (postumo).

8 – FEDELTA’ E AMORE 

ARSACE, alla morte dei fratelli, riprese l’apiario che fu curato poi dalla moglie contessa ELEONORA CALINI (6-1-1874 + 18-2-1938) con la collaborazione dei figli Giuseppe e Elena.

GIUSEPPE (13-8-1902 + 8-2-1933), laureato al Politecnico di Milano in ingegneria, nel 1925 trasferì all’aperto, nel prato antistante, l’apiario composto di cento alveari.

Godevano allora in Italia un indiscutibile primato i fogli cerei, ed anch’egli si provò a costruire favi completi per melario con carta speciale imbevuta di paraffina. I suoi favi, rispondenti assai bene alla prova sperimentale, non vennero però fabbricati a cagione della sua morte 20

I nomi di Giuseppe e di Elena appaiono fra i congressisti a Trento nel 1921, e nell’elenco dei partecipanti al II Congresso Nazionale della Sezione apicoltori italiani tenuto a Brescia nei giorni 19-22 marzo 1932. Nella seduta del 20 marzo, il Rag. Vincenzo Lancini annunciava all’assemblea che il Comitato organizzatore aveva predisposto una visita all’apiario di Berlingo per onorare la memoria dei fratelli Metelli, notissimi veri pionieri della nostra apicoltura. L’annuncio fu accolto con caloroso applauso e nel pomeriggio l’assemblea si trasferì a Berlingo con automobili noleggiate dal Comitato.

Dagli atti del Convegno si ricava che i Congressisti ebbero così modo di visitare il bell’apiario razionale che si trova impiantato a lato della signorile residenza ed il laboratorio annesso all’apiario stesso. Seguì un rinfresco offerto con generosa ospitalità dalla famiglia Metelli ai partecipanti, dopo di che il conte Zappi con ispirate parole rievocò la figura e l’opera dei fratelli Metelli per l’apicoltura italiana 21.

Nel giugno 1938 fu ospite a Berlingo il sig. Dumas, esperto albanese inviato dal suo Governo in Italia con l’incarico di raccogliere elementi e notizie sui metodi usati per l’allevamento del prezioso insetto, nonché sull’organizzazione e sulla propaganda del prodotto. Il Dumas si trattenne con vivo interesse nell’allevamento apistico dei Metelli, allevamento che continuava, rinnovato ed attrezzato modernamente, uno dei più vasti e completi esistenti in Lombardia al principio del nostro secolo 22. L’esperto albanese intese inoltre, con la sua visita, rendere omaggio alla memoria dei Fratelli Metelli, in particolare del Dr. Giovanni, che fu considerato il creatore dell’apiario per la profonda conoscenza, di fama europea, della storia e dei costumi degli imenotteri attraverso una costante e diligente osservazione, per cui poté fare suo il pensiero di Lessing: “lo sguardo dell’indagatore trova, non di rado, più di quanto desidera trovare”; ma soprattutto per avere infaticabilmente collaborato, pure fra molte difficoltà e incomprensioni, alla propaganda del risveglio apistico in atto in Italia.

La signora ELENA LANCINI METELLI ebbe la sorte di continuare sola la coltura dell’apiario ridottosi in seguito a sessanta famiglie di api. L’inclemenza delle stagioni, gli smarrimenti, le epidemie che colpirono gli imenotteri non arrestarono la sua attività, vuoi per la passione innata all’arte fascinosa, vuoi per il desiderio di mantenere vivi la riconoscenza e l’affetto ai familiari scomparsi, che con tanta abnegazione, amore e competenza avevano di volta in volta accresciuto e reso celebre il loro apiario e il nome di Brescia anche fra gli apicoltori stranieri.


Note:

1 MONA ANGELO, La coltivazione delle api, in Commentari dell’Ateneo di Brescia, 1858-61, pag 167. CALAMIDA DANTE e NAVONE EMILIO, Apicoltura razionale, Torino, 1930, p. 7.
2 Francesconi Lucia (27-9-1812 / 20-6-1896) di famiglia rovatese, fu donna intraprendente: a lei si deve la fondazione della filanda e il proposito di avviare agli studi i figli: Defendente, ingegnere (1844/1867), Giovanni, medico; Metilde (1845/1870); Federico, ingegnere; Arsace; Arturo (1855/1868).
3 Don Stefano è ricordato nella Cappella del Cimitero di Berlingo con la seguente iscrizione:
 «H. S. E. / Stephanus Metellius / sacerdos / qui partem substantiae suae pauperibus / supellectilem divitem plurimam / qua in sacris ipse utebatur / in Berlinghensium templo / ad augendum sacrorum decus / testamento legavit / mortem obiit XVII Kal. Mai An. MDCCCXXX / aetatis suae LVI».
Don Stefano e il fratello G. Battista il 14 ottobre 1823 acquistarono il palazzo di Berlingo per il valore di 40.000 franchi dalle signore Caterina Maria Bianchi ved. di Giuseppe Ristelhueber e sposa di G. Giuseppe Raymondo Maurizio Dimbert de Bourdillon, procuratore del Re nella Guayana Francese; e dalla signora Maria Clara Anastasia Chardon ved. di G. Battista Bianchi e ora sposa di G. Battista Gabriele barone Merlin, maresciallo di campo a riposo, cavaliere della legione d’onore e di S. Luis, dimoranti a Chateau Chierry nel Dipartimento de l’Aisme (rogito di G. Luigi Lambert, notaio a Parigi, rue du Bac, 31).
4 L’Apicoltore, 1910, pp. 26-27. Necrologio di Arsace. Amico di Arsace fu Ales¬sandro Tonelli di Coccaglio, inventore del coltello elettrico disopercolatore, di cui dette pubblica notizia nel 1911 in Apicoltura, num. unico, Brescia, Queriniana, pp. 20.
L’Apicoltore, 1883, p. 54 
L’Apicoltore, 1884, pp. 155-158.  
7 L’Apicoltore, 1884, pp. 55-57. 
L’Apicoltore, 1884, pp. 301-304. 
L’Apicoltore, 1890, p. 217. 
10 La Sentinella Bresciana, 25 maggio 1896, n. 144.

11 L’Apicoltore d’Italia, Brescia, 1947, nn. 1-2 p. 1.
12 L’Apicoltore, 1883, pp. 54-55. Per indole e per attitudine, il Dr. Giovanni amava pubblicare le sue osservazioni e le sue opinioni; così anche in servizio militare non mancò di pubblicare articoli che lo riguardavano da vicino, come, per es. I medici militari, in Il Diritto dell’8-2-1872 p. 3; e II Corpo sanitario militare, nello stesso giornale del 29-4-1872, p. 2. 

13 L’Apicoltore, 1882, pp. 91-92.

14 L’Apicoltore, 1884, pp. 155-158

15 L’Apicoltore, 1884, p. 310.

16 L’Apicoltore, 1885, pp. 279-281.

17 BARBIERI F. Apicoltura industriale, in L’Apicoltore, 1889, p. 297.
18 SPOERER BORIS, Objections aux méthodes du Dr. Metelli, in Revue Internationale d’Apiculture, Nyon, 1894, nn. 1-2, p. 3-6L’articolo richiama un istruttivo articolo del Dr. Metelli e la nota di redazione apparsi sulla Rivista del settembre 1893Segue la Reponse du Dr. Metelli, sulla stessa rivista del 1894, pp. 6-11.
19 METELLI G., De l’hérédité chez les abeilles – Observations recueillies en Italie, la race caucasienne, in Revue, cit., 1892, pp. 130-133.

20 ZAPPI-RECORDATI co: ANTONIO, Apicoltura, Torino, 1947, p. 168.
21 Atti del Convegno Nazionale della Sezione Apicoltori Italiani, Brescia, 19 – 22 marzo 1932, Trento, 1933, p. IX e p. 55. Cfr. L’Alveare, organo del C.N.A. di Trento, aprile 1932, a V. n. 4, p. 69.
22 Il Popolo di Brescia, 14 giugno 1938, p. 6.